Tempo
fa venni contattata da uno studio di commercialisti, che aveva sede in due
città d’Italia e nell’Est d’Europa, che
per questione di privacy non citerò.
Erano
giunti a me tramite in mio cliente, che al titolare dello studio aveva parlato
molto bene: mi aveva descritto come una persona brillante, affidabile,
concreta, pragmatica e dall’aspetto molto piacevole. Avevo pensato subito che
sull’aspetto fisico si era deciso a contattarmi, invece quando gli disse che
ero (e sono) una persona molto riservata, si era svegliato da un suo torpore di
stampo pariolino, e aveva richiesto il mio contatto perché, come poi mi ha
raccontato il mio cliente, aveva urgenza di affidare un affare delicato ad una
persona riservata.
Verso
le 3 del pomeriggio di un lontano venerdì, noto che il mio cellulare non faceva
altro che squillare. Resto basita ed infastidita per l’insistenza di questa
telefonata.
Sarà
che per educazione e rispetto quando non trovo risposta immediata, non sto lì a
far squillare un telefono, a meno che non si tratti di urgenze da 118, 112 o
115.
D’altra
parte chi insiste solitamente è una persona arrogante ed insicura (fateci caso!
E non mettetevi mai al loro livello!).
Finita
la mia riunione alquanto delicata con dei clienti alle prime armi e molto
diffidenti, invito la mia segretaria a fare una ricerca sul numero che mi era
apparso. Tempo nemmeno 10 minuti, e la mia preziosa collaboratrice mi informa che
si trattava di uno studio di commercialisti ed associati, sottolineando anche
che aveva trovato delle informazioni che
li riguardavano: in breve, non erano di persone perbene, o quantomeno oneste.
Nemmeno
finisce di parlare, che subito squilla il telefono.
La
invito a prendere la telefonata dal mio ufficio e dopo i convenevoli mi passa
il dottor F.
Dato
il forte accento ero riuscita, con molta fatica, a capire cosa volesse; in
pratica, biascicava e dovevo decifrare le parole mozzate che mi infilava una
dentro l’altra.
Per
farla breve, decido di accettare il suo appuntamento.
E
l’indomani mi reco nel suo ufficio, che è ubicato in pieno centro ed a due
passi dal “potere”.
Arrivo
davanti al palazzo. Era tetro dall’esterno, entrando nell’atrio si vede il
retro di un ristorante e dei suoi bidoni della spazzatura. Per non finire cade
un po’ di calce perché agli ultimi piani stanno facendo dei lavori.
Mi
sporgo per trovare il citofono e noto che a quell’interno fanno capo più di
venti società dal nome molto simile.
Arrivo
al primo piano e dopo poco mi apre una bella signora che con un grande sorriso
e modi eleganti e cortesi mi inviata ad entrare nella grande sala riunioni dell’ufficio.
Lo
stanzone ha i muri color ocra, un grande tavolone con sedie moderne in pelle,
gli arredi sono lineari e semplici a differenza dei quadri alle pareti che
hanno quel vago allure inglese di caccia alla volpe, le finestre hanno le
imposte da sostituire che insieme al tutto illuminato a festa mi fa supporre
che il tizio sia di braccino corto con manie di grandezza. Insomma, un connubio
tra i più detestabili, perché spesso tali persone inventano storie bibliche pur
di non pagare i dipendenti, scaricare dalle tesse anche le parolacce.
Dopo
un po’ arriva il titolare dello studio: un uomo alto distinto ed elegante, coi
capelli ben tagliati e con occhi chiari che con modi spicci mi invita ad
accomodarmi e mi chiede se prendere un caffè. Accetto ben volentieri e chiedo
anche dell’acqua.
Bussano
alla porta. Ed insieme al caffè arrivano anche due persone: una donna ed un
uomo, la fede collaboratrice ed il figlio. Mentre li aspettavamo, il signore
dai modi spicci mi aveva parlato di loro, presentandomeli come nuove leve della
finanza internazionale.
Senza
alcun dubbio, penso, anche perché con il giro di conoscenze non avranno di
sicuro bisogno di inviare il curriculum in lungo ed in largo.
Con
mi dilungo nel descriverli, perché credo che ognuno di voi, mie care lettrici e
miei cari lettori, avete ben chiaro il tipo di persone che di solito (ci tengo
a sottolineare il di solito) si trovano in certi ambienti.
Fatti
i discorsi convenevoli e bevuto il caffè, mi illustra un suo progetto, ossia
riqualificare un hotel in una nota città europea. Mi faccio raccontare la
storia dell’hotel e di come ne sia venuto in possesso. Mi illustra anche delle
foto e di come vorrebbe far soldi anche tagliando gli stipendi ed aumentando,
ove possibile, con uno stratagemma, le ore di lavoro del personale. Per ragioni
di privacy, non descriverò ulteriormente.
Come
da accordi tempo una settimana e gli faccio avere il preventivo per quanto
richiesto nei giorni a seguire.
Dato
che mi era parso una fintamente perbene e taccagno, la cifra da me richiesta
era decisamente molto alta!
Perché
taccagno, vi chiederete, perché aveva in maniera vela detto di non voler
spendere troppi soldi. È un piccolo elemento, ma se l’osservate ed analizzate
con attenzione le persone, vi renderete conto di che pasta è fatta.
Ne
ho viste tante in vita mia, e mi basta un’occhiata veloce per capire con chi
dovrei avere a che fare, e spesso aumento i prezzi per togliermeli di torno.
Poche volte mi è andata male, ma mai tanta quanta la soddisfazione avuta nel far
passare per tirchi certi individui e ho dovuto collaborare con persone
sgradevoli.
Tornando
a questi individui, il mio istinto mi diceva di non legarmi a loro e di non
averli come clienti nemmeno occasionali.
Vi
direte perché così spocchiosa. È presto detto.
Erano
e sono dei mafiosi ripuliti, che come ben sapete hanno studiato e si sono
evoluti ed ora si occupano di società che utilizzano per il riciclaggio di
denaro sporco o per truffare lo Stato, partecipando alle sue gare di appalto.
In
breve, la mia astuta segretaria aveva trovato degli articoli che parlavano di loro
ed un mio conoscente mi aveva anche parlato di loro, sottolineando che avevano
le spalle coperte.
Vi lascio con alcuni
consigli che vi saranno di aiuto.
·
Vi consiglio di non
rispondere negli orari e nei momenti che per voi sono sacri.
·
Quando ricevete delle
telefonate verificate sempre il numero e prendere informazioni su chi vi sta
contattando, perché non vi farà di certo perdere del tempo.
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