domenica 6 ottobre 2019

TANTO TEMPO FA


Tanto tempo fa, quando non c’era mio marito nella mia vita, nel mio letto ed a leccarmi la figa ed io a fargli venire la voglia di cavalcarmi; quando non ero e non sono io a cavalcarlo, mi vedevo con un uomo sposato a cui piacevo e che mi ha insegnato ogni porcata.
Ed ovviamente ha fatto uscire dalla mia mente la porca viziosa che sono.

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giovedì 17 maggio 2018

«Come smussare gli aspetti narcisistici»





Da “Ho sposato un narciso: manuale di sopravvivenza per donne innamorate” di Umberta Telfener

Narcise non si nasce ma si diventa: il più delle volte a seguito delle esperienze nella famiglia di origine. Ma soprattutto, narcise non si muore se si è pronte a mettersi in discussione e ad approfondire la consapevolezza delle proprie azioni e la capacità di accogliere gli altri. Man mano che la vita va avanti, riusciamo a smussare le nostre caratteristiche peggiori. Le persone più intelligenti imparano cioè a vivere e a relazionarsi con gli altri: farli entrare nel proprio cuore può essere di vitale importanza per vivere un’esistenza più serena.
Ci sono alcune operazioni emotive e cognitive che permettono di diminuire l’autarchia e smussare le caratteristiche narcistiche. Ve ne propongo alcune.
Amare se stesse e fare cose che danno soddisfazione
La narcisa a volte si apprezza fin troppo: sa riconoscere naturalmente gli aspetti per i quali gli altri la stimano e quelle caratteristiche che le permettono di “ingranare” bene nella vita. Ha però bisogno di un costante riscontro e spesso non si assume la responsabilità dei momenti bui, né tantomeno riesce a mettersi in gioco emotivamente. Imparare ad apprezzarsi sempre e comunque è un allenamento: la narcisa è certa di essere capace di fare le cose che le vengono facili nei momenti di grandezza, quando si sente potente ed è stata supportata dagli altri. Ci sono delle situazioni, però in cui tutto questo sembra scomparire: l’insicurezza e la paura arrivano striscianti. Proprio in quei momenti è necessario assumersi la responsabilità dei propri stati d’animo ad analizzare per:
Scoprire che sono momenti passeggeri;
Scoprire che non abbiamo bisogno degli altri strumentalmente;
Attingere alla creatività;
Recuperare la necessità di fare i conti con se stesse e con questo strisciante senso di “non essere”, dal quale ci siamo sempre difese e che abbiamo allontanato con paura, scatenando l’eccezionalità coatta;
Prendere in considerazione come si è formata l’insicurezza nella nostra vita infantile: quali dinamiche hanno fatto sì che costruissimo un senso di noi stessi grandioso per mettere a tacere la paura di non valere o di essere abbandonati? Quale abbandono abbiamo subito in età molto precoce e quali emozioni ci scatena ancora oggi, a distanza di anni?
Non aver bisogno dell’approvazione degli altri
La narcisa dipende molto dagli altri: ne ha infatti bisogno per sentirsi viva e rassicurata. Che male c’è? È bello avere tanti amici e poter contare su di loro. Ho parlato di amici, però, non di persone poco significative e intercambiabili, utili solo a confermare e a rinforzare, usate per recuperare un senso di sé. Non ho parlato quindi di un pubblico, ma di persone davvero significative con cui costruire un legame che si rinsalda e si approfondisce nel tempo. Amici a cui voler bene, colleghi con cui confrontarsi, non solo giudici e spettatori delle nostre performance. Bisogna cercare quindi incontri con persone con cui si è alla pari, non figure che stanno sullo sfondo e vengono portate sul palcoscenico solo per le nostre esigenze del momento. Avere amici vuol dire interloquire con loro, mettersi in gioco e non utilizzarli come arbitri della nostra “grandezza”.
Aumentare la sincronia tra testa e cuore
Bisogna imparare a collegare testa e cuore, non usare solo la razionalità quando stiamo bene e l’emotività in negativo quando perdiamo. Unire testa e cuore significa vivere più intensamente il quotidiano, imparare a stare nel “qui ed ora”, senza fuggire nel futuro o incantucciarsi in un passato “glorioso”. Significa vivere i momenti di noia, non fuggirne. Vuol dire stare a vedere cosa succede se si cede all’angoscia anziché scappare con le solite modalità, accettare i momenti di down, e viverseli, ponendosi anche delle domande: quali sono i contenuti che emergono? Quali fantasmi si materializzano all’improvviso e che cosa ci stanno comunicando? Quali ricordi, quali sensazioni, quali fatti ci invadono la mente, quali sapori? Quando si va a vedere una mostra di quadri, è importante spalancare le proprie sensazioni oltre ch egli occhi, e quando si va a ballare è fondamentale avere orecchie ed emozioni disponibili per seguire la musica (anziché immaginarci come gli altri ci vedono). Allo stesso modo, nel quotidiano, è importante ricordarci di “accedere alle sensazioni”, di interrogare il cuore, di indagare quali sensi stiamo utilizzando. Unire testa e cuore stimola l’intuito e, come scrive Clarissa Pinkola Estés:
“Quando facciamo valere l’intuito, siamo come una notte stellata: fissiamo il mondo con migliaia di occhi”:
Imparare a stare sole
Non finirò mai di sottolineare l’importanza di saper bastare a se stesse, che ci rende più autonome e più sicure. Imparare a stare sole vuol dire poter stare per un po’ di tempo senza un partner, e stare comunque bene, senza sentirsi monche o diminuite o sperdute o spaventate. Ma vuol anche dire imparare a gestirsi la vita anziché aspettare di essere in compagnia per fare determinate cose. Significa diventare le interlocutrici di se stesse, potersi godere un pomeriggio a cucinare da sole o una passeggiata in un parco. È importante non dover avere sempre un pubblico per dare valore alle cose che facciamo. In terapia mi capita spesso di consigliare alle pazienti di iniziare con questo esercizio: facendo un piccolo viaggio da sole, prima di una giornata intera, poi di un week-end, e infine di un periodo un po’ più lungo, per imparare ad apprezzare la capacità di sentirsi e di godersi il contesto e la compagnia di se stesse. Se ci pensiamo un attimo, facciamo già una serie infinita di cose da sole, ma sempre finalizzate ad altri. Se poi ci domandano se sappiamo stare sole, la risposta che diamo è “no”: potrebbe essere “sì”, se solo provassimo a starcene un po’ per conto nostro. (E poi, non avete idea di quanti begli incontri si possono fare quando si parte da sole).
Affranchiamoci alla schiavitù di avere un pubblico: non diventiamo come quegli uomini, mi perdonino, che accettano “Chiunque” pur di non sentirsi soli.
Non voler apparire diverse da come si è
Ovvero: apprezzarci, ricordarci le cose belle e brutte che sappiamo fare, i desideri, le ambizioni, le possibilità. Molte narcise pensano di non essere abbastanza e invece si dovrebbero rendere conto che sono addirittura troppo. La maggior parte di loro pensa che il mondo richieda sempre di più: il mondo, in realtà (e soprattutto gli uomini), la valuta su altri parametri e, d’altro canto, la vita non è una gara né un concorso a chi è di più. Darsi il permesso di vivere i momenti negativi significa concedersi le sfumature e le contraddizioni e accettare di essere variopinti anziché sempre dello stesso colore. Imparare ad accettare la propria debolezza è un passaggio importantissimo, in primo luogo perché essere deboli è umano, e in secondo luogo perché, a volte, gli altri apprezzano proprio la capacità di rendersi vulnerabili, di mostrare le paure, di far emergere le ferite, di vibrare con i problemi di un altro. Pensiamo che, mostrando le nostre debolezze, potremmo essere annientate. Questo poteva essere vero quando eravamo piccole: se avessimo ceduto alle paure in un mono che non ci proteggeva, forse saremmo rimaste schiacciate. Nell’infanzia, per alcune di noi, è stato fondamentale imparare a difendersi, ma ora non lo è più: siamo grandi.
C’è un altro aspetto importante, che ha a che vedere con la capacità di accettare le proprie contraddizioni e i propri difetti: significa non voler essere perfette ed esattamente come l’altro ci desidera, significa più i propri pensieri/desideri che non adeguarsi a quelli degli altri, pur di non venir approvate.
Se state leggendo questo libro vuol dire che avete sufficiente consapevolezza e curiosità da essere forti. Crescere significa abbandonare i fantasmi e imparare una volta per tutte che anche la debolezza ha la sua vita.
Apprezzare le cose belle che si hanno/fanno
Desiderare sempre di più, immaginare che l’erba del vicino sia sempre più verde, che gli altri siano sempre più bravi/fortunati/capaci/intensi/innamorati/intelligenti/furbi, ecc. dovremmo invece accorgersi che anche gli altri stanno male, si annoiano, si arrabattano e devono riempire la vita di contenuti, esattamente come noi.
Iniziamo quindi a informarci, a organizzare, a contattare altre persone con cui poter fare cose piacevoli, a crearci degli interessi “solitari” e ad apprezzare la compagnia di noi stesse. Vi propongo un buon esercizio da fare ogni sera prima di addormentarvi: chiedetevi quali sono state le cose positive e piacevoli che avete fatto durante il giorno, e se sono troppo poche, organizzatevi attivamente perché aumentino. Per “cose positive” intendo cose che erano al di fuori dallo schema del puro dovere, che implicavano l’attenzione anche verso terzi, che non erano difensive ma proattive, che descrivevano, come piace dire a me, un “andare verso”. Quando dico “cose piacevoli”, invece, mi riferisco a cose che ci hanno fatto stare bene, di cui abbiamo imparato a godere anche se piccole, oppure a situazioni in ci siamo finalmente rese conto di ciò che accade attorno a noi.
Iniziamo quindi a goderci l’ordinario, anziché solo lo straordinario: è un consiglio che ogni narcisa dovrebbe seguire, proprio perché ha paura della routine e si riempie continuamente la vita di troppe persone e cose.
Guardare nel buco nero in mezzo al petto
Ci sono poi i conti da fare con l’abbandono e non con la delusione vissuti come inevitabili, con la freddezza e con le critiche che si non subite. Da dove proviene la convinzione che saremo sempre deluse? Cosa è successo nella nostra vita, che tipo di genitori abbiamo avuto e quali sono state le prime esperienze amorose? Quali erano i valori condivisi in famiglia? È importante riuscire a individuare i pregiudizi che organizzano tacitamente la nostra vita, e questa operazione spesso è possibile solo con l’aiuto di una terza persona. A volte si cresce inconsapevolmente con l’idea che il mondo sia un luogo di pericoli e che sia necessario essere sempre sulla difensiva. Oppure ci si convince che si ha valore solo se qualcun altro ce lo conferma, o ancora che mostrando la nostra debolezza potremmo essere in pericolo.
Non è semplice riuscire a rintracciare ed esprimere l’esperienza da cui ci si continua a difendere: a volte non bastano anni di analisi, altre volte un fatto casuale ci fa rivivere quella sensazione, permettendoci così di vederla, di toccarla con mano e – se siamo fortunati – anche comprenderla.

martedì 1 maggio 2018

Tra amici


L’altro giorno un mio cliente prezioso e fondamentale amico mentre salivamo le scale del palazzo in cui voleva condurmi per farmi visionare non la sua collezione di farfalle, ma la sua nuova dimora, si era soffermato a guardarmi le gambe.
“Belle le tue gambe! Sono molto più belle ora di un tempo.”
“Sai, negli ultimi tempi faccio più ginnastica e le sollevo appena posso”.
La cosa mi ha fatto sorridere, perché intendevo il sesso con mio marito che è davvero divertente e mi fa consumare tante calorie, oltre sgonfiarmi soprattutto la rabbia.
“Immagino”
Mi guarda sornione e mi inviata a salire più in alto, mentre lui resta qualche gradino più in giù.
“Vuoi che salga ancora”.
“No, va bene così.”
C’era una finestra che mi illuminava le gambe.
“Apri le gambe, sollevandone la sinistra, poggiandola sul corrimano.”
Era come se mi trovassi con le gambe un po’ incrociate, ma avevo la figa scoperta e che il mio amico poteva felicemente osservare.
Ed ammirato mi confessa che la trovava anche lei in forma.
Eravamo soliti, da quando ci conoscevamo (un’eternità) guardarci il reciproco sesso e darci consigli su come tenerlo in forma ed in salute: gli chiedevo come depilarla e mi aveva consigliato il laser e di tener un po’ di pelo sulle grandi labbra per non sembrare la figa di una bambina. Ovviamente pelo raso e lucente.
Ci soffermavamo spesso sul fatto che il suo cazzo non si rizzasse spesso davanti a certi uomini bellissimi, ma che nudi e proni non erano altro che un buco insapore.
D’altra parte aveva sempre affermato che le persone le sceglieva il suo uccello. Ed anche io ero tra la sua lista.
Tornando all’altro giorno, per puro caso nona avevo indossato le mutandine, perché mio marito nel salutarmi mi aveva messo le mani dentro la mia figa e mi aveva bagnata. E lui me le aveva tolte e messe in tasca per avermi sempre con lui.
Gli avevo raccontato l’episodio ed era scoppiato a ridere e faticava a salire, perché trovava il tutto erotico e comico.
Ovviamente ero compiaciuta della cosa, perché sapevo che mi faceva bene fargli prendere aria.
Arrivati alla fine della scala, prende la chiave e mi apre la sua nuova abitazione.
Era ancora priva di mobilia, ma rifinita e pulita pronta per riempirla del suo buon gusto e del suo estro.
“Wow! Quanta luce!
“E non hai ancora visto il terrazzo”
Spalanca le imposte di quello che sarebbe diventato il suo living, ed appare una tra i più incantevoli panorami che abbia mai visto prima.
Le case erano avvolte nella luce del tramonto: erano calde, accoglienti e piene di vita. Si poteva scorgere anche cosa alcune persone facevano in casa in quel momento.
Mentre ero davanti a quel microcosmo il mio amico di porge una lettera: era l’invito al suo matrimonio con Michele.
“Finalmente!”
“Finalmente! Hai ragione e tu sarai la mia damigella d’onore: ti voglio profumata di sesso e senza mutandine”.
Non sapevo se piangere o abbracciarlo. E lui mi aveva accolto tra le sue braccia.

martedì 24 aprile 2018

Stasera è tornato mio marito


Stasera è tornato mio marito e mi sono fatta trovare distesa sul divano prona per sentire la sua carne aprirmi l'anima.
Voglio che mi trovi seguendo le poche candele che ho sistemato dall’ingresso al salotto.
Farlo avvicinare a me, solo odorando il io profumo per accendere la sua voglia.
Fantasia ed ardimento nella sua mente dovevano condurlo a spogliarsi del peso dei giorni lavorativi. Farlo anche dimenticare delle chiacchiere pesanti che tra colleghi si fanno.
Renderlo convinto che una donna a pagamento non sarà mai uguale alla donna che ami e che nell’alcova come fuori ti fa sentire uomo.
Si avvicina al divano. Mi accarezza i piedi, la gamba e si sofferma sulle calze, che bacia appassionatamente, fino a giungere al mio culo. Lo accarezza e lo prepara all’affondo della sua spada, che sguaina fieramente.
Sento la punta che cerca il buco e la carne aprirsi.
Inarco la schiena mentre lo sento entrare. È un fuoco il suo cazzo che mi incendia.
È dentro.
Non voglio dettargli il ritmo, voglio che lo faccia lui, dentro e fuori di me. Farmi attendere.
Mi sbatte, mi sbatte senza sosta e senza che io smetta di genere. Non voglio smettere: voglio incendiarmi. Voglio sentirmi bruciare la carne e rischiare di non dovermi sedere per giorni.
Attesa. E si, ora si ferma e cade esausto sul letto dopo che è stato dentro di me per molti minuti.
Io lo guardo estasiata.
Osservo il suo cazzo ancora eretto e fiero dell’impresa e lo prendo in bocca.
Lo voglio succhiare ben bene.
Lo guardo mentre con la lingua lo faccio impazzire perché so quanto ama farsi percorrere le sue vene e so che ama gustarselo mentre attendo di gustarmi il suo seme, che copioso e caldo scende in gola.
Mi stendo su di lui e lo bacio, e là vi è l’incontro tra la mia saliva, la sua ed il suo sperma.
Lo bacio appassionatamente perché mi è mancato il suo sapore, perché mi è mancato l’odore della sua pelle, il calore del suo corpo ed il modo in cui mi guarda che mi rende appagata, anche quando ho qualche dubbio, ho delle incertezze, ho dei timori e quando devo prendere una decisione sofferta ma doverosa.

TANTO TEMPO FA

Tanto tempo fa, quando non c’era mio marito nella mia vita, nel mio letto ed a leccarmi la figa ed io a fargli venire la voglia di cav...